“The migrant as a paradigm of attention”
Caro Francesco,
la tua dipartita ha lasciato al mondo un’eredità preziosa fatta di opere, pensieri e parole. Un patrimonio spirituale e umano a cui il mondo cristiano – e non solo – potrà attingere nei momenti di incertezza, dubbio o chiusura del cuore.
Tra i tanti insegnamenti che ci hai lasciato, ce n’è uno che sentiamo profondamente nostro: “il migrante come paradigma di attenzione”.
Durante il tuo pontificato non sono mancate critiche, soprattutto per la centralità data alla causa delle persone migranti, a volte percepita – secondo alcuni – come a discapito di altre fragilità. Eppure, proprio di fronte a queste osservazioni, la tua risposta è stata chiara.
Non tutte le persone vulnerabili sono migranti. Ma tutte le persone migranti sono, inevitabilmente, vulnerabili.
Eleggere il migrante come simbolo universale della vulnerabilità umana significa ricordare a tutti noi il valore della cura, della prossimità, della reciprocità e dell’amore.
Ama il prossimo tuo come te stesso.
Rispetta tua sorella come rispetti te stessa.
Presta attenzione ai migranti come vorresti che qualcuno prestasse attenzione a te, nei tuoi momenti di maggior bisogno.
Significa insegnare a includere davvero. Hai indicato nel migrante non un caso tra tanti, ma un simbolo universale di ciò che ci rende umani. Una chiamata costante ad amare l’umanità ferita che si mette in cammino. Ci hai invitati a guardarli negli occhi, non dall’alto verso il basso, ma da pari.
Caro Francesco anche per questo ti ringraziamo. Grazie perché con il tuo operato hai valorizzato il nostro impegno accanto ai fratelli e alle sorelle migranti, anche solo parlandone al mondo.
Ci auguriamo che le persone in mobilità, che oggi rappresentano una parte sempre più ampia dell’intera umanità, non smettano mai di essere una priorità per la Chiesa.
Sono, e restano, paradigma di un’attenzione che merita costanza nella cura e riconoscimento del diritto.
Con profonda gratitudine.
Preghiamo per te.