I tagli all’USAID – United States Agency for International Development (Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale) – si aggirano attorno a 60 miliardi di dollari, quasi l 90% degli aiuti umanitari globali.
La Germania ha deciso di aumentare al 3% i fondi per la difesa, tagliando quelli devoluti alla alla protezione umanitaria. Il Belgio ridurrà di un quarto, l’Inghilterra senza rispettare le promesse ha tagliato 700 milioni di sterline, così la Francia e la Svizzera rispettivamente con tagli da 1 miliardo una e 250 milioni di franchi l’altra.
Di recente le suore Missionarie Scalabriniane si sono riunite per fare il punto sulla situazione globale riguardo agli aiuti umanitari e su come questa nuova politica conservatrice e nazionalista statunitense stia incidendo sulla vita delle persone migranti a livello globale. La politica del terrore avviata dal nuovo governo statunitense sta acuendo la clandestinità della migrazione rimpolpando da un lato le tasche dei coyote (trafficanti) sempre pronti a trovare nuove rotte di migrazione illegale, dall’altra l’isolamento dei più vulnerabili cosi impauriti che pur di non farsi vedere in giro preferiscono la clandestinità, con tutto ciò che vivere come fantasmi comporta.
L’equilibrio internazionale Usa da J.F. Kennedy ad oggi si è basato sulla politica del “dare e del ricevere” ovvero l’esistenza di una diplomazia internazionale in equilibrio tra l’aiuto economico, come strumento di sviluppo ed il controllo dell’aiuto donato. Il principio è sempre stato abbastanza semplice: aiutare un paese del “terzo mondo” con aiuti economici ha permesso agli Stati Uniti di “esportare” benevolmente democrazia dimostrando al contempo la propria forza, ovvero la forza della democrazia stessa.
Oggi con i tagli prepotenti imposti da Trump, la democrazia americana ha voltato le spalle proprio a chi fino ad oggi ha creduto (più di tutti) nel sogno americano: le sorelle ed i fratelli migranti.
Quanti migranti combattono al fronte per gli Stati Uniti, oggi?
Quanti, parafrasando le commoventi parole della vescova episcopale Mariann Budde, costruiscono con il loro lavoro il benessere dell’America?
Il taglio del sostegno umanitario ai piu vulnerabili non è quindi solo una perdita economica bensì un perdita di valori, un vuoto il cui suono è un’eco di spavento ed incertezza per il mondo intero. Abbiamo parlato di speranza spesso nei nostri articoli, Hope&help (Spera e Aiuta) è il nostro motto… ma di fronte a questo cambio di rotta pensiate sia possibile parlare di Speranza anche adesso(!?). “No hay males que para bien no vengan” mi ha detto una suora scalabriniana che lavora in Honduras, uno dei Paesi più colpiti dalle deportazioni americane. Sappiamo come religiose, laiche e cristiane che la Speranza non arriva dal nulla, la Speranza si coltiva, si condivide, si costruisce (come dice il Santo Padre) la Speranza è faticosa e come tale è un atto di Fede.
Questa prima newsletter è un’esortazione alla Speranza, ma a una Speranza coraggiosa! Invece di sostenere il riarmo europeo, inseguire aiuti o lasciarci paralizzare dalla paura, crediamo sia il momento di ripensare insieme un nuovo equilibrio. Un equilibrio in cui la carità non sia solo un rimedio alle ingiustizie e il dono non sia un’alternativa al fallimento delle politiche sui diritti umani, ma piuttosto un atto di consapevolezza più equo e onesto. Un impegno concreto, attento ai bisogni reali di chi è stato sfruttato, per capire cosa serva davvero a restituire Speranza.
Gaia Mormina
Scalabrinian Foundation
General Secretary