In Honduras, ogni settimana arrivano circa 5-6 voli che trasportano migranti deportati, provenienti principalmente dal Messico e dagli Stati Uniti. Questi voli, che nel gergo del settore vengono definiti “arrivi”, nascondono una realtà che va ben oltre il rispetto dei diritti umani: la deportazione. Una parola che, per molti honduregni, rappresenta una condizione comune, quasi un ciclo ricorrente nella vita di chi tenta e ritenta di raggiungere un futuro migliore altrove.
L’Honduras è un Paese dove la deportazione è una parte del vissuto quotidiano di molte persone. Numerosi honduregni e honduregne che incontro nel centro di accoglienza sono stati deportati almeno una volta, alcuni anche più volte. La maggior parte di loro, dopo aver tentato più volte la fuga verso il nord, sceglie infine di ristabilirsi in patria, nonostante i timori e le incertezze che accompagnano la vita in Honduras. Tuttavia, non tutti si arrendono: molti di loro, anche il giorno successivo alla deportazione, decidono di ripartire, affrontando nuovamente il rischio della migrazione. Le ragioni di questa scelta sono diverse. C’è chi fugge dalle violenze e dalle estorsioni delle organizzazioni criminali, come le famigerate Mara e Pandillas. Altri, invece, sono motivati dal desiderio di riunirsi con familiari che vivono negli Stati Uniti. Infine, c’è chi vede la migrazione come una pratica comune, parte della cultura honduregna.
Questa ultima motivazione è quella che più mi coinvolge nel mio lavoro di volontariato. Essere testimoni di questa realtà e poter interagire con persone che sono protagoniste del fenomeno della migrazione di ritorno è un’opportunità unica di ascolto e di comprensione di un processo che, purtroppo, viene spesso dato per scontato dalla popolazione. Il mio impegno nel volontariato non si limita al lavoro all’interno del CAMR (Centro di Accoglienza per il Migrante Ritornato), ma si estende anche alla Casa del Migrante, una struttura che accoglie coloro che non hanno più legami famigliari e non in Honduras, ma a causa del processo di deportazione sono costretti a restarci per cinque o più anni.
La casa è situata in un vecchio edificio scolastico, che negli ultimi due anni è stato parzialmente restaurato dopo i gravi danni causati da una delle molteplici inondazioni che ogni anno colpiscono la zona di Lima, un paese situato appena fuori dalla periferia della città metropolitana di San Pedro Sula (la seconda più importante dell’Honduras). Non mi dilungherò troppo sull’argomento, ma ritengo essenziale sottolineare che l’Honduras è uno dei paesi in cui il fenomeno della migrazione legata alle catastrofi climatiche è particolarmente rilevante e la Lima rappresenta un esempio significativo di questa dinamica. La migrazione e il processo di deportazione sono esperienze interiorizzate dalla popolazione, ma è fondamentale dare loro una narrazione, un volto, una storia che vada oltre i numeri.
Il mio impegno, quindi, si inserisce in un contesto di ascolto e supporto, con l’obiettivo di offrire un’opportunità di riscatto a chi cerca di ricostruire la propria vita, spesso in un contesto difficile e ostile. Il volontariato mi ha cambiato la vita… che aspetti!!!
Alessia Cazzaro
Volontaria di Servizio Civile Universale
In Honduras con le Suore Missionarie Scalabriniane
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